martedì 29 novembre 2011

Giornata di merda

Prime ore latino, scordo il vocabolario e prendiamo una ramanzina per il poco rispetto che portiamo ai professori, c'è troppo rumore durante le interrogazioni. Durante l'ora di Scienze veniamo investiti dal Rage della professoressa che insulta di immaturità, vero. E nella mia mente tutto il dispiacere che ho provato nei giorni passati si va accumulando in maniera quantistica, vado accumulando pacchetti di odio e insofferenza che, mentre torno a casa da scuola, capisco riverserò verso il primo che mi provoca. Ieri il cellulare di Tony comprato ad Agosto ha deciso di spirare e la colpa viene affidata al caso, quando torno mia madre si è convinta che il foglio della ricevuta lo abbia io, cosa impossibile. Mi alterò un po', gridando, subito me ne ravvedo, avendo deciso di contenermi. Quindi cerco un modo per non prendermela con qualcun'altro: vado a scrivere il mio risentimento sul blog. Ma Tony è al PC e se comincio a scrivere comincia a leggere e mi da fastidio che quel minimo di privacy che sto distruggendo sul blog venga spiata e non guardata apertamente.
Platonizzo il mio comportamento e decido di optare per l'obnubilamento, quindi vado a letto. Mi risveglio e il risentimento non smette di crescere, ma sono deciso a non farlo sapere agli altri. Non so che mangiare, se dico a mia madre che voglio il riso ogni giorno e basta se la prende, mio padre dice che  il 3 Gennaio gli danno l'ultimo stipendio come A.P.S. forse ci dovrebbe essere l'AMAP, se riesce ad entrare siamo a cavallo, aumenta lo stipendio del 35%, altrimenti siamo nella merda più totale e mio padre ha già una certa età, quindi addio futuro universitario per me. Che sarebbe anche un'idea provvisoria dato che non so cosa fare di preciso dopo il liceo.

Ma voglio parlare una volta per tutte di cosa sta di fondo alla mia faccenda personale. Nella mia famiglia si abusa dell'ignoranza dei nascituri verso l'esterno e per farsi ubbidire inventano le migliori minchiate: hanno fatto così anche con me. Mi vergogno ad ammetterlo, i primi tempi, cioè gran parte della mia fanciullezza, non ho notato il mio mondo inventato che cozzava furiosamente con la realtà e quando dovevo scegliere, preferivo il primo al secondo, complice anche il fatto che sono venuto male, mentalmente parlando. Per intendersi, sono un tipo impulsivo, ma che data la lentezza a metabolizzare dati finisco per reagire a fatto compiuto. Da tempo ho preso in prestito un'espressione e mi considero un pensatore lento, anche se qualche controllo gradirei farlo. Mi rifiutavo di credere agli altri, a tutti quelli che non conoscevo e ritenevo i miei genitori figure massime, come ogni bambino da piccolo, insomma. Per i miei genitori e non per me il disagio è cominciato quando in I elementare mia madre mi disse di non andare in bagno che quelli della scuola fossero sporchi e portatori di Epatite; fui ubbidiente, l'urina si può trattenere anche diverse ore, le feci no, in media lo stimolo arriva quasi alla fine del retto. Nella mia piccola mente di bimbo ero sicuro di non aver sbagliato, eppure venivo punito e questa cosa si dovette ripetere abbondantemente prima che riuscii a capirla. Anche con l'avvento delle medie ci furono azioni che non gradirono, come per esempio il mio disinteresse verso lo studio, questo perché nella mia mente si andava manifestando quel risentimento che più in là avrei provato verso il loro modo di rapportarsi con me e Tony. Diciamo che ho capito veramente che la mia vita era una loro proiezione, di idee, fatti, quando ho fatto il NEET per un anno. E lo dico sempre che quello è stato l'anno più fruttuoso per me, ho maturato molte idee e sono, credo, riuscito a distogliermi dal senso comune, infatti oltre al senso comune riesco a formulare anche una visione mia delle cose, mentre prima occorreva un lungo periodo di riflessione. Anche adesso non so veramente cosa volere, se riesco a passare gli esami, anche con la sufficienza è come se la dessi vinta a loro, mentre se vengo bocciato, sicuramente perderò la possibilità di diplomarmi. Sono molto indeciso e come al solito lascio vincere la voglia di non reagire, che mi contraddistingue.

Non so cosa fare della mia vita, passo il tempo a fare cose inutili e che non hanno scopo, sto veramente bruciando il mio tempo come sostiene Seneca. Ho anche pensato a quello che dice di solito Michele, il marito di Marianna, quando parla della sua esperienza universitaria: "Certo che ti veniva voglia di studiare e andare avanti, avendo la certezza di andare a lavorare dopo la laurea."

Io mi chiedo, se avessi la certezza di lavorare dopo la laurea, mi comporterei ancora così? Sarei veramente in grado di fare sul serio e diventare qualcuno?

Che poi volendo essere sincero, io non ho molto da perdere, insomma è da due anni che valuto il suicidio come possibilità tangibile e reale di occludere le sofferenze, non ho nulla che mi leghi a questo mondo e non ho altro da perdere, non ho mai avuto nulla da perdere veramente. Ma alcune idee mi danno fastidio, come ad esempio il fatto che la mia vita, secondo mia madre, non mi appartiene. Cioè, anche quello è di loro proprietà e poi mi fanno la morale quando voglio qualcosa solo per me o che ho IO un concetto di proprietà privata che va fuori dagli schemi.
Sono parole perse, me ne rendo perfettamente conto, ma servono ad alleviare la mia malinconia, anche l'inutilità della gente che mi circonda mi costringe a cercare una via alternativa allo sfogo; come mi piace ricordare non sono molto bravo a pensare e neanche ad interaggire con gli altri, quindi sarà per questo che anche io penso che "la carta è più paziente degli uomini."

1 commento:

Hito ha detto...

Se c'è una cosa che non sopporto è il possesso di un altro io.
L'unica solidarietà che posso realmente provare è nei confronti di una persona che sente che il proprio io è posseduto o costretto da qualcun altro.
Alla tua sensazione di essere nato sbagliato, io trovai la risposta decidendo di riappropriarmi di me stesso. Ti confesso che è difficile, ma non avere festività, ricorrenze, legami inscindibili per "volere di dio" (un po' come le antiche investiture), e soprattutto l'innata gratitudine che sei costretto a provare per chi ti ha fatto la cortesia di metterti al mondo, è, non dico bello, ma forte (sì, della serie, forte fratello!).

Anche ricominciare non è tanto male, quando rinasci e stabilisci dei contatti con le persone, e tu diventi la tua sola famiglia, ritrovi davvero l'autenticità delle tue emozioni; e ti rendi conto di quanto sia stata falsa la tua crescita, formazione, adolescenza, infanzia.

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